L'inverno 1984-1985: la storica nevicata da 85cm!
Una stagione che tutti gli appassionati di meteo e di neve vorrebbero vivere: nessun segnale premonitore, poi il cambiamento, un’attesa spasmodica, gli occhi che corrono al primo lampione rintracciabile dalla finestra: momenti indelebili, scolpiti nella memoria.
Tutto ciò ebbero la fortuna di apprezzare appieno i meteoappassionati del 1985 (beati loro, il sottoscritto nacque 9 mesi più tardi..) stagione nella quale il grande Inverno continentale diede il meglio di sé su gran parte dell’Europa.
Un Inverno con tempi di ritorno ottantennali o secolari, che dimostrò l’indiscutibile primato della Natura meteorologica su qualsiasi tipo di velleità intellettuale umana.
Ma come iniziò la stagione che avrebbe condotto alla “Grande Nevicata”?
L’Inverno 1984/1985 partì decisamente sottotono: il mese di Novembre trascorse con un campo termico piuttosto superiore alla norma: in tutti e 30 i giorni, la minima in città non riuscì mai a scendere sottozero, avvicinandosi solo i giorni 18, 22 e 30. Le massime a Pavia superarono spesso e volentieri i 10°C, specie durante la prima decade, che addirittura vide valori non lontanissimi ai 20°C! Con una media finale di 8.6°C si andava a chiudere uno tra i mesi di Novembre più caldi degli ultimi decenni…
…Anche Dicembre non fu da meno: nella prima decade la temperatura si mantenne spesso positiva, con la prima minima negativa stagionale che a Pavia arrivò durante la mattinata del 9, con un effimero -0.4°C. In seguito, dal 13 al 22, si impose una lunga fase semizonale, con minime sempre positive e massime tra 7°/10°C.
Dunque, dov’era finito il classico rigore delle stagioni passate?
L’ultima decade vide un rientro in un clima più consono al periodo, ma la mattinata del 31 Dicembre presentò una nuova carta in tavola: la colonnina di mercurio precipitò infatti a -7.8°C.
Che cosa stava accadendo?
Tra la fine del 1984 e l’inizio del 1985, si verificò un potente episodio di Stratwarming, ovvero un anomalo riscaldamento della Stratosfera a latitudini polari: durante l’Inverno è normale assistere ad oscillazioni termiche nella Stratosfera polare, ma durante quella fase la circolazione permise numerosi ed incisivi attacchi alla struttura del Vortice Polare Stratosferico, con grande immissione di quantità di calore, indotto dal rinforzo delle aree anticicloniche alle alte latitudini, e dall’imissione di ozono innescato dalla notevole attività della BDC, ovvero della Brewer Dobson Circulation, quella particolare circolazione stratosferica meridiana in grado di trasportare grandi quantità di Ozono dalle aree equatoriali a quelle Polari.
Probabilmente, un particolare assetto dei principali indici teleconnettivi diede modo allo Stratwarming di sfoderare il meglio si sé: la QBO risultò negativa (con cambiamento di segno in Gennaio), l’attività solare fu ai minimi (Solar Flux = 72.5), il Ciclo ENSO fu dalla parte della Nina: da qui il NAM poté precipitare ad inizio anno su valori estremamente negativi a tutte le quote (fino a -4).
L’episodio di Stratwarming fu tale da riuscire a propagare i suoi effetti alla sottostante troposfera, provocando un sensibile rialzo termico in Groenlandia. Ciò contribuì ad imporre una circolazione piuttosto anomala, con la rottura del Vortice Polare sopra il Polo, e la sua sostituzione con un’alta pressione, la quale andò saldandosi all’Anticiclone delle Azzorre, ben meridianizzatosi in Atlantico.
All’inizio del 1985, tale assetto barico riuscì a veicolare verso l’Italia correnti davvero gelide, dapprima d’estrazione artico-marittima e successivamente d’estrazione artico-continentale. Dal 3 al 10 Gennaio le minime crollarono su tutta l’Italia, con punte di -18°C a Venezia, Pisa e Brescia, -21°C a Firenze (ove gelò l’Arno in alcuni punti) e -22°C a Piacenza.
Il 3 Gennaio apparve quest'articolo sul nostro quotidiano "La Provincia Pavese":
Furono giorni nei quali i valori di geopotenziale risultarono decisamente bassi, e le isoterme raggiunsero i -40°C a 500hPa ed i -15°C ad 850hPa.
Tra l'8 ed il 9 Gennaio la colonnina di mercurio si fece ancora più bassa, ed il grande freddo trovò largo spazio nel nostro giornale locale:
A Pavia la minima assoluta si registrò il 10 Gennaio, con un roboante -14.7°C, valore che si avvicinò ai -15.7°C del 16 Febbraio 1929 e del Febbraio 1895, ed ai -15.4°C del 16 Febbraio 1956.
Tornando alla cronaca, dopo le maestose irruzioni gelide da NE tra il 4 ed il 10 Gennaio, tra l’11 ed il 12 una modesta campana anticiclonica con perno sull’Europa centrale mantenne condizioni di stabilità, seppur con gelo potente, che promosse la prosecuzione della fase di giornate di ghiaccio, iniziata il 6 Gennaio.
Domenica 13 Gennaio, l’alta pressione europea salì ulteriormente di latitudine, e si legò con l’alta pressione russo-siberiana: la discesa di correnti gelide da NE, andò a confluire con infiltrazioni d’aria molto umida atlantica. L’interazione tra diverse masse d’aria portò alla formazione di un primo vortice ciclonico poco lontano dalla Sardegna.
"La Provincia Pavese" dedicò una pagina intera alla grande ondata di gelo nell'appuntamento domenicale:
Ma adesso, al fine di entrare nel vivo della dinamica, e di poter, almeno parzialmente, assaporare ed immaginare l’evento, lascio la parola all’amico appassionato Roberto Valdata, oggi direttore RAI, scrittore di emozionanti libri sulle nevicate di Pavia.
Ecco il suo racconto integrale tratto dal libro “Fioca, 100 anni di neve a Pavia”.
“Il 13 Gennaio 1985 era una Domenica. Una Domenica come tante altre domeniche d’inverno. Nel pomeriggio erano previste le partite di calcio dei campionato di tutti le serie. I cinema avrebbero proiettato i film del momento; in televisione l’inossidabile “Domenica In” avrebbe riempito il pomeriggio di 4-5 milioni di italiani. Pochi erano partiti per le località sciistiche. Ciò era dovuto al fatto che tutta l’Italia settentrionale (ma non solo) era preda, ormai da due settimane, di una delle maggiori ondate di gelo del secolo. La temperatura del 12 Gennaio registrata a Pavia era stata di -14.0°C, mentre la massima dello stesso giorno non aveva superato i -7°C. Da ben 210 ore consecutive la temperatura registrava valori negativi, da quando cioè il pomeriggio del 4 Gennaio, verso le ore 17, il termometro era sceso sotto lo zero.
Quei giorni che vanno dal 4 al 13 Gennaio erano stati tra i più freddi in assoluto del secolo. L’ondata di gelo era calata improvvisamente negli ultimi giorni del Dicembre 1984, subito dopo Natale, e dopo un autunno ed un inizio Inverno a dir poco miti. Un po’ tutt’Italia aveva risentito di questo freddo, una volta tanto davvero polare, dal momento che le correnti che lo alimentavano scendevano direttamente dalle più alte latitudini del circolo polare, passando per le grandi steppe siberiane, irrompendo nelle pianure dell’est europeo per giungere sul Mediterraneo dalla bocca di Trieste e dell’Istria. Colpiva tanto l’intensità quanto la persistenza del freddo…”
“…Queste correnti gelide imperversavano dall’inizio dell’anno su tutta l’Italia provocando ripetute ondate di maltempo accompagnate da freddo e tempeste di neve. Il giorno 6 Gennaio, Roma era stata investita da un’improvvisa nevicata. Pochi centimetri erano bastati a mettere in crisi l’intera città; la neve, asciutta e gelata, aveva trasformato le strade in piste da ghiaccio, paralizzando la capitale; ne erano seguite, come sempre, polemiche e sfottò di circostanza. Al nord, in quei giorni, si sopportavano temperature assai più rigide, ma senza neve. Nella settimana dal 6 al 13 Gennaio il cielo era stato quasi completamente sereno. Già lunedì 7 Gennaio la temperatura scese a -13°C, e si annunciavano minime ancora più basse. Il freddo era tangibile ma poco visibile. La brina era quasi inesistente poiché l’aria fredda, molto secca, non ne permetteva la formazione. Solo gli specchi d’acqua, grandi o piccoli, davano l’esatta dimensione del freddo apparendo tante superfici vetrate perfettamente lisce. Mercoledì 9 Gennaio, un articolo de “La Provincia Pavese” esce corredato da una foto che mostrava il Naviglio parzialmente gelato dopo più di 100 ore di temperatura negativa (come accaduto anche nel nostro Febbraio 2012..).
Nel frattempo, la città cominciava a patire i primi disagi dovuti al gran freddo: molte tubature erano congelate, il consumo di metano era salito a 500000 m3 contro i 350000 medi, mettendo in pericolo l’erogazione; molte scuole faticavano a fornire un riscaldamento adeguato alle aule. Un quadro di normale disagio di un normale inverno padano. La situazione non era certo migliorata nei giorni successivi. Al freddo, sempre pungente, si era “finalmente” aggiunta la brina; la città era diventata un enorme freezer acceso 24 ore su 24, ma meglio così: il sole abbagliante dei giorni precedenti, con quelle temperature estreme, aveva sparso una sottile inquietudine nei pavesi, come di fronte ad un fenomeno ignoto. La brina dava al paesaggio un immagine molto più rassicurante a chi è abituato, d’inverno, a nebbioni e non a sole e cielo terso.
Sabato 12 Gennaio, nel pomeriggio, erano apparse in cielo delle nubi, ma erano sottili e alte, velavano appena il cielo. Al mattino della Domenica il cielo era invece grigio, ma di una nuvolosità non compatta. Le nuvole giunte durante la notte avevano rallentato l’escursione termica, tanto che il termometro all’alba, nel momento più freddo, segnava “solo” -7°C, più o meno la stessa temperatura del giorno prima alle 17. La mattina trascorse tranquilla. La gente si metteva in coda ai lavaggi delle auto che, dato il freddo, si erano ormai trasformate in curiose sculture di ghiaccio; nel centro della città camminavano pochi pedoni ancora infreddoliti, ma nelle conversazioni si notava un certo sollievo per il rialzo della temperatura, e molti si azzardavano nel dire che ormai il freddo aveva le ore contate. A questo proposito va detto che le previsioni meteo di quei giorni, seguitissime, davano segnali confusi e spesso contradditori. Per tutta la settimana le previsioni sull’ondata di freddo erano state concordi, ma nessuno si era azzardato a fare pronostici sulle precipitazioni; si parlava genericamente di un’attenuazione del freddo nella settimana entrante e di una sua ripresa verso la fine del mese.
A mezzogiorno di Domenica 13 Gennaio, tra le nubi, apparve per breve tempo il disco solare, senza contorni definiti, come se una lastra di vetro opalino lo ricoprisse. Alle 13 il sole era di nuovo scomparso ed il cielo si era fatto completamente grigio; una leggera foschia aleggiava nell’aria. Un’ora dopo, verso le 14, si videro cadere i primi fiocchi di neve; lo notarono in pochi poiché i fiocchi erano molto piccoli, più simili a capocchie di spillo che a veri e propri fiocchi di neve e assai scarsi. Il cielo era completamente coperto e la temperatura era salita a -4°C.
Alle ore 15 la precipitazione aumenta leggermente di intensità. Un sottile strato di neve si è già depositato ovunque, dai tetti alle strade. Solo l’asfalto resiste con il suo colore. La neve, non bagnata, sul fondo gelato stenta in un primo momento a fermarsi. Lo spostamento d’aria creato dalle automobili provoca dei vortici in cui i fiocchi vengono trascinati da un lato all’altro della carreggiata, come fossero stelli filanti. Solo ai lati della strada e nel centro, in prossimità della linea bianca, la neve si deposita subito e accumula quella che sfugge al passaggio delle auto. Alle 17, a buio quasi completo, la temperatura sale a -3°C, mentre sono già caduti 3.0cm di neve. In serata la precipitazione si intensifica, ma in modo molto graduale e senza grandi punte di intensità che possano far pensare ad una grande nevicata. Alle 19 la città è avvolta completamente dalla neve, una neve soffice, morbida e lenta.
I passanti nel centro storico si muovono con attenzione. La neve si è schiacciata ed appare un pack compatto che scricchiola sotto i piedi. Chi intenda muoverla dal parabrezza dell’auto può ancora soffiarla via, senza trovarvi una sola goccia d’acqua. Alle 20 la temperatura si è ormai stabilizzata a -2°C, un valore in assoluto basso per una nevicata in pianura, ma assai alto rispetto alle temperature dei giorni precedenti alla medesima ora.
Dopo le 22 la precipitazione si intensifica per raggiungere il culmine di intensità che rimane inalterato per buona parte della notte. A mezzanotte sono caduti 20cm; alle 3 di notte di Lunedì 14 Gennaio 25cm, alle 5 la neve, lentamente, gradualmente, inizia a diminuire. Alle 6 del mattino, quando sono caduti 28cm, la precipitazione si interrompe bruscamente per poco più di un quarto d’ora. Poi riprende con l’intensità precedente, ma in lenta diminuzione. Alle 7.30, quando si spengono i lampioni, vi sono almeno 30cm di neve e la temperatura è salita ancora di un grado, sino a -1°C.
Alle 8 nevica ancora, ed i cm diventano 32. I mezzi pubblici e privati si muovono con una certa lentezza, ma complessivamente il traffico sembra tenere. 30cm non sono il frutto di una nevicata di tutti i giorni, neanche di tutti gli anni, ma non rappresentano qualcosa di eccezionale per una città del nord. Alle 10 la temperatura sale a 0°C, mentre i centimetri raggiungono quota 33, valore ufficiale di rilevazione al termine di questa prima precipitazione.
Alle 11 i fiocchi si rimpiccioliscono e dimuniscono di intensità. La nevicata, lentamente, si va spegnendo. L’ultimo fiocco cade intorno alle 13, proprio mentre il termometro passa in positivo: è un momento storico. Dopo 235 ore consecutive la temperatura torna soprazero: dal 1947 non avveniva un così lungo periodo di gelo. Alle ore 16 un pallidissimo sole si affaccia tra le nuvole. Sembra proprio la fine.
E’ terminata la nevicata che ha messo il sigillo ad uno dei periodi più freddi del secolo. La città, seppur coperta da 33cm di neve, sembra ritornare rapidamente alla normalità.
Gli spazzaneve intensificano il lavoro per liberare le strade. Gli spalatori sono già all’opera. La temperatura rimane positiva sino alle 17, quando ridiscende a 0°C ma poco male, ormai non nevica più ed il sole, appena apparso, fa pensare ad una nottata tranquilla.
Alle 18 il termometro ridiscende a -1°C proprio mentre il colore grigio chiaro del cielo fa intuire una nuova copertura dello stesso; potrebbero essere nuvole, ma potrebbe essere anche un sottile strato di nebbia in quota; tutto sembra immobile, cristallizzato.
Il cielo è di un bianco opalino per il riflesso di tutta la neve con i lampioni della città, non c’è un filo di vento mentre il termometro rimane incollato a -1°C. Anche i trentatre cm sono rimasti lì, almeno nei punti dove nessuno ha ancora toccato la neve; il rialzo termico con il conseguente disgelo è stato breve e non sufficiente ad “afflosciare” la neve caduta che si mantiene leggera come farina..”
Poi, accadde quello che non ci si sarebbe mai aspettato accadesse.
“Alle 2.30 del 15 Gennaio si vedono cadere, attraverso i lampioni, dei piccoli fiocchi. Ricomincia a nevicare, e ci vuole poco tempo per capire che è una nevicata diversa dalle precedenti. La neve cade meno morbidamente, cresce subito d’intensità ed in poco più di tre ore cadono 8-10cm. Alle 7 di mattina nevica molto forte e un vento gelido spazza l’aria. La neve precipita dai tetti trascinata da improvvise folate. Nelle strade s’innalzano mulinelli di neve fresca che sembrano impazziti. Sembra di assistere ad una bufera di montagna, altro fenomeno abbastanza raro per le nostre pianure. Le strade sono di nuovo lastre di ghiaccio uniforme e compatto. Nevica forte fino alle 10, poi cala d’intensità ma non smette. La neve caduta durante la notte e la mattina si è aggiunta a quella del giorno prima, ed ha ormai superato i 45cm, sfiorando il mezzo metro. A mezzogiorno il cielo si rischiara, sembra che il sole possa per un attimo bucare le nubi; è un fenomeno assai frequente in montagna durante le nevicate; nelle ore più calde il cielo diventa di un bianco latte ed i fiocchi cadono insieme alla luce del sole che filtra attraverso uno strato che sembra vetro. La temperature è lì ad un passo dal diventare positiva, anche la precipitazione sembra diminuire d’intensità, ma è solo una piccola pausa.
Alle 14 dei fiocchi molto piccoli ma numerosi, intensi, continui, ricominciano a cadere, più forte che mai, sempre più fitti, sempre più numerosi.
Alle ore 15, con il sopravvento delle prime oscurità, la precipitazione aumenta ancora, i veicoli nelle strade diminuiscono. Gli spazzaneve faticano a mantenere le strade principali sgombre dalla neve che continua a cadere. Sulle strade meno battute ci si è ormai arresi: la neve cade con troppa intensità per poter passare ovunque con la stessa efficacia. Il centro storico è completamente avvolto dal bianco. Nessuna via, nessun vicolo, nessun marciapiede è rimasto nero d’asfalto. La neve lambisce i muri delle case, penetra in ogni cortile, avvolge e sagoma le aiuole. Dove il vento è favorevole, giunge fin sui gradini di casa, dentro i davanzali delle finestre, copre i ballatoi. Toglierla, serve a poco. In pochi minuti ogni superficie si ricopre e nuovi centimetri si aggiungono a quelli caduti. Alle 16.30 si accendono i lampioni di tutte le strade per illuminare uno scenario inconsueto, quasi irreale; la città è ormai sprofondata sotto più di mezzo metro di neve, e continua a nevicare intensamente! Il vento è calato d’intensità, non sibila più come al mattino simile ad una bufera, ma i fiocchi arrivano al suolo ancora veloci, quasi con veemenza.
Camminando nelle vie poco iluminate del centro storico si può avere quasi l’illusione che non stia nevicando. Ma i fari delle poche auto presenti in circolazione non lasciano dubbi: c’è più neve che aria attraverso quei fasci di luce. Alle 19.30 chiudono gli ultimi negozi, mentre la città, pressoché deserta, viene abbandonata ormai alla neve. I suoi abitanti sono quasi tutti in casa, dietro i vetri delle finestre a chiedersi stupiti quando smetterà ed a guardare allo stesso tempo strade, piazze, case che non hanno mai visto così, che quasi non riconoscono più. I cinema sono aperti, proiettano regolarmente, ma raggiungerli non è facile.
Corso Cavour è una striscia bianca uniforme di neve pressata, alta più di 20cm, che deborda fin negl’ingressi delle case; i passanti sono pochi e frettolosi. Escono dai portoni per recarsi nei pochi locali aperti. Anche i parcheggi sono semideserti, le auto si possono individuare ad una ad una. Avanzano goffe e lente; quasi tutte si muovono con catene che incidono appena sulla neve ghiacciata; quelle delle catene è uno dei pochi suoni che si ode in lontananza.
Il silenzio è la cosa più impressionante della città avvolta nella neve. Camminando con un ombrello si possono sentire i fiocchi asciutti cadere sulla tela e poi scivolare per terra. Le grondaie, che durante le nevicate umide gracchiano continuamente per la neve che si scioglie, quella notte tacciano come ammutolite. Nei marciapiedi dove non si è spalato, nei vicoli mal illuminati, nelle piazzette poco frequentate si sprofonda ormai oltre il ginocchio in una neve morbida e soffice che si può scalciare come fosse tanta farina caduta lì dopo essere passata attraverso un enorme setaccio.
E’ notte fonda, la notte tra il 15 ed il 16 Gennaio 1985, e la neve continua a cadere copiosa, incessante, si aggiunge a quella già caduta, ricopre quella che è stata spalata un po’ di ore prima, inutilmente. Ricopre le strade in cui non passa davvero più nessuno. Gli alberi della città sono diventati delle cattedrali bianche, con guglie gotiche che sfidano ormai le leggi di gravità. La neve evidenzia ogni piccolo ramo, sottolinea ogni dettaglio. I monumenti sono diventati grandi palle di neve uniformi e, i personaggi raffigurati, dei fantasmi irriconoscibili.
Sul Lungoticino gli alberi ricoperti di neve s’intrecciano tra loro, come se una mano si fosse divertita a costruire un enorme ricamo di zucchero filato. Quando si esce da un vicolo per svoltare in una piazza illuminata da grandi lampioni di luce arancio, si riesce ad avere la dimensione della nevicata che sta calando, come un sipario, lento, maestoso, sulla città.
E’ uno scenario che pochi hanno già visto perché a Pavia non nevica così da 20anni, forse da 30; qualcuno dice che non ha mai nevicato così, che non è mai caduta tanta neve e che la gente che abita questa città non l’ha mai vista come la sta vedendo adesso, in questa notte di Gennaio; chissà quanti anni dovranno passare per vederla un’altra volta così, chissà quando ci sarà un’altra notte di neve come questa notte, e molti che abitano questa città da tanti anni, che hanno visto molte nevicate (ma mai come questa), molti di loro sanno che forse non avranno modo di vederla mai più la loro città come in questa notte. In quella notte in cui la neve a Pavia raggiunge e supera i 70 centimetri di altezza, comincia a farsi strada la sensazione che si stia assistendo a qualcosa che difficilmente si dimentica. Non è più una nevicata, è qualcosa di eccezionale, di unico, forse di irripetibile. Ma la notte continua e continua a nevicare.
E’ l’alba di mercoledì 16 Gennaio. Nevica. Nevica ancora intensamente e non smette. Sono caduti, a partire da Domenica, 80 centimetri. Questa volta la città si è arresa. Nelle strade le auto sono ancora di meno. Le poche che circolano sono difficili da riconoscere. La maggior parte delle auto giace ai lati delle strade ed ormai si confonde con i marciapiedi. La neve copre le ruote ed ha raggiunto i cofani facendone un tutt’uno con la strada. Laddove passano gli spazzaneve si stanno accumulando tali quantità di neve che le auto risultano intrappolate ed irraggiungibili. Man mano che spingono la neve sui lati delle strade, anche gli spazzaneve riducono lo spazio su cui operare. Ormai è come se si fosse sparsa una sorta di rassegnazione mista ad euforia magica. Tutta la città è cristallizzata, come immersa in un enorme boccia di vetro con la neve, preda di un incantesimo. Bisogna che smetta, ed al tempo stesso, non dovrebbe smettere mai, perché quando smetterà l’incantesimo si romperà per sempre; finirà qualcosa di cui si parlerà per mesi, per anni, qualcosa che tutti ricorderanno anche se tra un po’ di mesi sarà di nuovo Primavera, e poi verrà il caldo, tornerà l’afa e ci saranno di nuove le zanzare nelle umide notte d’estate.
Ma adesso è mercoledì mattina, e nevica ancora. Quante ore son passate? 24? 36? No, sono di più, sono 3 giorni che nevica, e non smette. Alle 14 di mercoledì succede qualcosa. La temperatura sale, questa volta sale davvero sopra lo zero e si vede. La neve, per la prima volta, non è più asciutta com’era stato sino a poche ore prima, i fiocchi diventano grandi, diversi gli uni dagli altri, si appesantiscono e cadono un po’ goffi. E anche la neve caduta a terra ne risente. Si possono fare delle belle palle di neve finalmente, non si sfarinano nelle mani come accadeva il giorno precedente. E’ il segno che la neve sta diventando umida, e allora si può compattare nelle mani. Ci sono per terra quasi 85 centimetri di neve. Nel pomeriggio, pur continuando a nevicare, per la prima volta il manto di neve non cresce più. Gli ottantatre centimetri contengono l’aria, i fiocchi sono appoggiati uno sopra l’altro, quasi senza schiacciarsi. Adesso si inumidiscono, si schiacciano l’un l’altro, si appesantiscono e tutto il manto di neve si affloscia. Gli ottanta centimetri diventano settanta nel tardo pomeriggio e forse qualcosa di meno, ma sono ancora tanti. Dagli alberi la neve comincia a cadere. I rami iniziano a bagnarsi e la neve scivola, cade. Prima da qualche ramo isolato, poi sempre più intensamente in tutti i viali alberati. Sembra che gli alberi non vedano l’ora di scrollarsi di dosso tutto quel peso e di riprendersi la loro nudità. Poi di nuovo viene buio e continua a nevicare, anzi, riprende a nevicare forte. Ai bordi delle strade compaiono i primi schizzi di fango. Il pack cede, e l’asfalto sottostante non è più asciutto, è umido e sporca per la prima volta la neve.
Nei punti più battuti le catene montate sugli pneumatici delle auto incidono l’asfalto e tornano a far sentire il loro rumore; anche il muro del silenzio che la nevicata impone sta iniziando a cedere. Sono le 20, e nevica ancora. Anzi, un nuovo sottile strato si aggiunge alla neve caduta, ma non è più la stessa cosa. Si vede che qualcosa è cambiato. Non vi è più quell’aria satura di neve che univa cielo e terra come la sera precedente. La luce non è più la stessa. I contrasti incominciano ad emergere, e con essi i rumori ed i suoni. Il momento in cui la neve smette di essere asciutta e inizia la trasformazione in neve bagnata è come il risveglio da un bel sogno. La realtà riprende il sopravvento sulla fantasia e con essa si manifestano tutti i disagi a cui si andrà incontro, proprio come nella vita quotidiana.
Alle 22 gli spazzaneve riprendono a lavorare con vigore, sentono che questa volta possono avere la meglio perché la neve che sta ancora cadendo non riesce più a vanificare il loro lavoro. A mezzanotte la neve cade ancora, ma sta perdendo d’intensità. La temperatura è ritornata negativa ma l’incantesimo si è spezzato e non è più possibile tornare indietro; adesso arriveranno tutti i problemi che un fenomeno del genere comporta ad una città di centomila abitanti che ogni giorno deve muoversi, lavorare, andare a scuola e che, per un attimo, per scelta o per forza, si era fermata a contemplare se stessa in una dimensione diversa.
L’asfalto, nero, deve tornare ad essere la nostra unica, rassicurante superficie, anche se adesso sta diventando un pantano in cui sarà difficile avventurarsi. Smette di nevicare alle 3 di notte di Giovedì 17 Gennaio, ma non cessa completamente la precipitazione che diventa prima pioggia mista a neve e poi, nelle ultime ore della notte, solo pioggia. Ha nevicato per 48 ore consecutive; sommate alle 23 precedenti di Domenica e lunedì fanno 71 ore di precipitazioni in 4 giorni. Questa nevicata di 52.3cm è stata la 3° per intensità del secolo, dopo quella del 1911 (84.0cm) e del 1947 (56.0cm).
Fu questa l’ultima grande nevicata che ebbe modo di vivere mio nonno. Egli vide anche la grande nevicata del 1911, quando aveva solo 5 anni. Sicuramente, nel corso della sua vita, egli ebbe modo di veder cadere molta neve sulla sua città, ma io rimpiango, oggi, di non avergli mai chiesto se conservasse nella sua memoria di bambino qualche immagine di quel Gennaio di quasi un secolo fa.”
Ringraziamo Roberto Valdata per la concessione di questo suo racconto, dal quale si evince chiaramente la passione che egli ha nutrito durante quest'evento straordinario.
Ora, per completezza, presentiamo qui sotto una raccolta sintetica delle testimonianze giornalistiche dell'epoca, riprese dal nostro quotidiano "La Provincia Pavese": per cambiare l'articolo di interesse, basta passarvici sopra con il mouse. A quel punto, l'articolo da voi scelto apparirà nella finestra centrale, da dove sarà possibile cliccare per visualizzare l'articolo in un formato comodamente leggibile.
Terminata la stagione invernale per eccellenza, come furono gli anni che seguirono? Si ripresentarono eventi simili a cavallo del nuovo millennio? Ed oggi, qual è la linea di tendenza per i nostri prossimi Inverni? Di tutto questo proveremo a parlare durante il prossimo appuntamento, con la quarta ed ultima parte del nostro reportage storico.
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