Ne muoiono più per inquinamento dell’aria che per incidenti stradali

  Uno studio italiano conferma le ipotesi dell’Organizzazione mondiale della sanità, che l’anno scorso aveva stimato in circa 3500 i morti da inquinamento atmosferico in otto grandi città italiane.

La ricerca italiana – presentata il 3 ottobre a Venezia nell’ambito del congresso annuale dell’Associazione italiana di epidemiologia (AIE) – suffraga con dati empirici quelle che erano stime in gran parte basate su indagini condotte in altri Paesi. Ora dunque si può affermare con un alto grado di sicurezza che l’inquinamento atmosferico nelle aree urbane costituisce un fattore di rischio importante per la comunità in termini di morbosità, di riduzione della speranza di vita, di peggioramento della qualità della vita.

L’indagine, appena pubblicata come supplemento alla rivista Epidemiologia & Prevenzione ("MISA Metanalisi Italiana degli studi sugli effetti a breve termine dell’inquinamento atmosferico”) è stata condotta sulla popolazione di otto grandi città italiane valutando la relazione tra livelli giornalieri degli inquinanti atmosferici (Polveri, biossido di azoto, anidride solforosa, ossido di carbonio, ozono) ed eventi sanitari rilevanti quali la mortalità (totale, cause cardiache, cause respiratorie) e i ricoveri ospedalieri (cause cardiache e respiratorie) nel periodo 1990-1999.

Questi i principali risultati:

1) In tutte le otto città (7 milioni di persone) si è osservata una associazione statisticamente significativa fra ciascuno degli inquinanti studiati e ciascuno degli indicatori sanitari considerati. Fa eccezione l’ozono, che è risultato associato con la mortalità totale e cardiovascolare e con i ricoveri per cause respiratorie;

2) le stime di rischio sono più elevate per mortalità e ricoveri respiratori rispetto a quelli cardiaci;

3) prendendo il PM10 (polveri fini) come parametro ambientale di riferimento, per ogni aumento di 10 ug/m3 di questo inquinante si è osservato nel periodo 1995-99 nel complesso delle città considerate, un incremento nel giorno stesso o nel giorno successivo del 1.3% nella mortalità totale, 1.4% nella mortalità cardiovascolare, 2.1% nella mortalità respiratoria, 0.8% nei ricoveri per cause cardiovascolari, 1.4% nei ricoveri per cause respiratorie;

4) l’effetto dell’inquinamento sulla salute è quindi anche precoce, nell’arco temporale di qualche giorno;

5) gli effetti degli inquinanti sono più pronunciati nei mesi più caldi dell’anno, anche perché si realizza una maggiore esposizione della popolazione che tende a stare di più all’aperto;

6) le stime di rischio sono più alte per la popolazione più anziana;

7) l’entità dell’effetto aumenta spostandosi da Nord a Sud.

8) Il rischio è maggiore negli anni più recenti considerati dallo studio.

Lo studio italiano documenta l’enorme rilevanza dell’inquinamento atmosferico per la salute dei cittadini delle grandi città italiane. La relazione tra esposizione a inquinanti - specie le polveri fini - ed effetti sanitari, è presente anche per modesti livelli di inquinamento e coerente con un modello "dose-risposta senza soglia": con l’aumentare della concentrazione degli inquinanti, anche al di sotto dei livelli di attenzione e di allarme, aumenta il numero di persone affette da disturbi per la salute e non esiste una concentrazione al di sotto della quale non ci sono effetti sanitari.

I risultati della analisi concordano con analoghe indagini su numerose città condotte negli Stati Uniti ed in Europa. Tuttavia, le stime di rischio nelle città italiane sono più elevate. Sono stati infatti di recente pubblicati sulla rivista Epidemiology (Settembre 2001) i risultati della metanalisi sugli effetti delle polveri sottili condotta in 29 città in Europa (comprese Milano, Roma, Torino). Nel quadro europeo, gli effetti più elevati sono stati riscontrati nei paesi del mediterraneo, e tra questi proprio nelle città italiane.

La ricerca delle ragioni di tali differenze, i motivi per i quali l’inquinamento urbano nel nostro Paese è particolarmente pericoloso è motivo di viva preoccupazione. Non solo fattori come il clima e il diverso stile di vita aumentano i livelli di esposizione della popolazione, ma anche la tipologia delle emissioni nel nostro Paese, in particolare quelle derivanti dai veicoli diesel, potrebbero giocare un ruolo rilevante.

Queste osservazioni hanno importanti implicazioni in termini di politiche di sanità pubblica e pertanto i risultati dello studio sono stati prontamente comunicati al Ministro della Salute e al Ministro dell’Ambiente e ad altre istituzioni, con i seguenti messaggi-chiave:

- Anche se le potenzialità dello studio di stimare il contributo di ciascuna delle sorgenti di inquinamento atmosferico - traffico veicolare, riscaldamento domestico, emissioni industriali - è limitata, le caratteristiche delle città indagate nello studio e della miscela di inquinanti esaminata suggeriscono un ruolo preminente del traffico veicolare.

- L’impatto positivo sulle emissioni da traffico derivante da miglioramenti tecnologici degli autoveicoli (benzine senza piombo e marmitte catalitiche) è importante ma molto limitato: è necessario un intervento più globale, inteso a ridurre la miscela complessiva di inquinanti prodotti dai veicoli a motore.

- Nessun miglioramento tecnologico sarà comunque sufficiente a compensare l’incontrollato aumento del volume di traffico veicolare. Il controllo della crescita del traffico, in particolare nelle aree urbane, è ineludibile se si vogliono evitare ulteriori pericoli per la salute;

- Non è possibile, al momento, individuare soglie nel livello degli inquinanti sotto le quali si possa affermare con una certa sicurezza che non esistono effetti avversi: la Unione Europea ha previsto pertanto una riduzione progressiva degli standard di qualità dell’aria. Appare importante dunque definire i passi operativi che si intendono adottare per ottemperare alla legislazione europea;

- La ricerca scientifica sui temi dell’inquinamento atmosferico in Italia non è supportata da uno sforzo organico per integrare professionalità e competenze di carattere ambientale, tossicologico, medico, epidemiologico e biostatistico. Occorre potenziare le attività di monitoraggio ambientale di alcuni inquinanti (con particolare attenzione alla composizione chimica e volumetrica delle polveri) e allo stesso tempo approfondire i nessi causali fra inquinamento atmosferico e salute, specie nei gruppi di popolazione più suscettibili quali bambini, anziani, ed affetti da patologie croniche.

Gli autori della ricerca e l’Associazione italiana di epidemiologia – riunita in questi giorni a Venezia – si augurano che questi allarmanti risultati possano stimolare interventi di prevenzione e di rimozione del rischio.

Se sei interessato a queste tematiche, ecco il link del sito web di EPIDEMIOLOGIA

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